I sintomi fisici dell’Ansia

 

 

Cos’è l’ANSIA

Partiamo da qui:

Solitamente siamo abituati a pensare all’ansia come ad uno stato spiacevole di cui vogliamo liberarci, e questo ci fa dimenticare che in realtà provare ansia nella vita quotidiana non è di per sé un problema, anzi è abbastanza normale.

L’ansia si può collegare all’emozione di base della paura.

Ma se la paura è una reazione ad un pericolo reale ed immediato, come un’aggressione, e scompare una volta cessata la minaccia, l’ansia è una reazione emotiva di preparazione ad una cosiddetta minaccia futura percepita, ossia un evento negativo, reale o immaginario, che temiamo possa accaderci nel futuro. Dunque, la paura richiede un oggetto o un fine tangibile da temere, mentre l’ansia non necessita di questo aspetto di concretezza per essere presente.

L’ansia si può definire come la motivazione che spinge a comportarsi in modo da sfuggire ad una minaccia percepita: è lo stato emotivo che ci prepara ad affrontare un potenziale pericolo, predisponendo un comportamento di difesa.

Con il termine ansia si fa riferimento ad un’affannosa agitazione connotata da incertezza, una preoccupazione permeata da un senso di precarietà e vulnerabilità; o da una bramosia, ossia una forma di desiderio tormentato da un divieto o un limite.

Dunque, quando si percepisce una minaccia si attiva un sistema di sorveglianza che monitora l’ambiente circostante per poter prendere delle precauzioni in caso di comparsa di eventi imprevisti e minacciosi. Grazie ad un collegamento neuronale che dalla nostra corteccia si collega alla centralina di allarme, la nostra amigdala, partono i segnali di pericolo che scatenano l’ansia e dunque le reazioni di difesa.

 

Le reazioni di difesa al pericolo sono principalmente tre: Attacco, fuga e immobilizzazione

 

Il corpo pronto ad attaccare o fuggire: Tachicardia, tensione muscolare, respiro corto

Una volta intercettato il pericolo, che come abbiamo detto, non necessariamente è esterno e immediatamente riconducibile ad uno stimolo, bensì ci può essere un’idea di essere in pericolo, si attiva la struttura cerebrale deputata all’allarme, la quale a sua volta, invia segnali di attivazione a:

  • Sistema cardiovascolare: A determinare due tipici sintomi dell’ansia contribuisce l’adrenalina, che è responsabile della tachicardia e del restringimento dei vasi sanguigni, cioè dell’innalzamento della pressione arteriosa. Invece, all’incremento della gittata cardiaca, grazie alla quale il cuore pompa una maggiore quantità di sangue in circolo, ci pensa il cortisolo, responsabile anche della riserva di zuccheri nel sangue necessari per l’energia. Effetti dell’azione dell’adrenalina e del cortisolo sono le palpitazioni, l’aritmia, il sudore freddo, l’emicrania che inizia a farsi sentire terminato il picco di ansia.

Inoltre, i fastidi addominali e i crampi allo stomaco sono due possibili conseguenze  dello spostamento di sangue dai visceri verso i muscoli degli arti, deflusso che rende braccia e gambe pronte all’azione, dato lo stimolo minaccioso che il corpo si prepara a fronteggiare.

  • Sistema respiratorio: La risposta di attacco-o-fuga, dispendiosa da un punto di vista energetico, ne innalza il fabbisogno. Non stupisce, quindi, che durante un attacco d’ansia aumenti la frequenza respiratoria, si presenta infatti un respiro corto e frequente.

L’introduzione eccessiva di ossigeno, quella che si verifica quando si respira a piccoli scatti e con i soli muscoli del torace, oppure a grandi boccate, a pieni polmoni, è detta iperventilazione che è responsabile, fra l’altro, dei giramenti di testa.

  • Sistema muscolo scheletrico: Oltre che coinvolgere l’apparato cardiovascolare e quello respiratorio la risposta d’attacco-o-fuga determina la tensione dei muscoli delle gambe, delle braccia, del collo, della schiena e delle mascelle, utile nel caso si debba scappare, aggredire…
  • Sistema neurologico: Quando si è in apprensione la mente si fissa su ogni minimo segnale di pericolo. Si diventa ipervigili, perfino le pupille degli occhi si dilatano: i sensi sono iper-acuiti così da essere pronti a cogliere ogni minimo segnale di pericolo.

 

Immobilizzazione: il corpo reagisce ad un’esperienza estremamente spaventante

La paura è una naturale reazione del nostro organismo in condizioni di pericolo che ci permette di attuare risposte volte a garantire la nostra sopravvivenza: l’attacco o la fuga.

In caso di pericolo che l’individuo ritiene fronteggiabile, non eccessivamente spaventante, il primo circuito del sistema nervoso che si attiva è il sistema dell’impegno sociale il quale ricorre a forme di negoziazione che coinvolgono ad esempio le espressioni facciali, il linguaggio, il tono di voce, la gestualità, tutte quelle modalità sociali e di relazione per fronteggiare il pericolo percepito.

Nel caso si avvertisse una forte minaccia, si mobiliterà, come visto sopra, il sistema nervoso simpatico che predisporrà il corpo a risposte di attacco o fuga.

Mentre, nel caso in cui le risposte di attacco o fuga non funzionassero, non fossero attuabili o si percepisse una minaccia non fronteggiabile il sistema nervoso parasimpatico ricorrerebbe alla sua risposta più antica e primitiva: l’immobilizzazione.

 

Il sistema nervoso simpatico, dunque, mobilita le difese contro il pericolo percepito attraverso la risposta di attacco o fuga, mentre il sistema parasimpatico è  tipicamente visto come un sistema che aiuta ad abbassare le difese e ritrovare uno stato di calma. Il ramo parasimpatico ha due divisioni proprie, una con il potenziale per creare coinvolgimento e connessione sociale e l’altra che attiva il rilassamento e la disconnessione.

Dunque, di fronte alla percezione di un pericolo imminente non fronteggiabile il cervello produce endorfine in grado di ridurre l’agitazione e dare origine al cosiddetto effetto “freezing” tramite il quale vi sarà un vero e proprio congelamento di tutto il sistema:  il cuore rallenta, è presente una diminuzione del battito cardiaco, il respiro diventa superficiale, vi è una sensazione di incapacità attentiva e sensazione di stordimento (a differenza dell’aumento della vigilanza presente nelle reazioni di attacco e fuga), la voce è bassa e flebile, il sistema energetico è sottotono, il respiro è lento e leggero, vi è un senso di impotenza, disperazione e di mancanza di energia.

 

Solitamente siamo abituati a pensare all’ansia e alla sintomatologia ad esso associata come ad uno stato spiacevole di cui vogliamo liberarci. Tuttavia, tutti i sintomi fin qui descritti sono intesi come reazioni di difesa ad un pericolo. Spesso tendiamo ad associare le sensazioni corporee solo ed esclusivamente a manifestazioni di malattie fisiche dimenticandoci dell’aspetto somatico dell’emotività, corpo e mente sono in stretta relazione, non possiamo provare un’emozione senza viverne la sua connotazione somatica.

Senza sentire tutte le reazioni, tutte le sensazioni corporee che abbiamo fin qui visto, potremmo, dunque, non accorgerci di vivere una situazione di potenziale pericolo e non prestare attenzione a ciò che ci accade.

Per questo, quando avvertiamo i movimenti del nostro corpo proviamo a prestare attenzione a ciò che stiamo vivendo.

Proviamo a chiederci a cosa di così spaventoso sta reagendo il nostro corpo

E se attorno a noi non riscontriamo nessun pericolo imminente proviamo a chiederci quale significato ha per noi l’esperienza che stiamo vivendo, proviamo a far caso se il pericolo percepito non arrivi dai nostri pensieri, dal nostro modo di parlarci, dal dialogo interno, dal modo in cui interpretiamo e valutiamo la realtà che ci circonda, da uno stimolo interno a noi piuttosto che da un reale pericolo esterno. 

È importante capire le funzioni dell’ansia e il fatto che la nostra mente ci sta proteggendo.

Spesso si fa fatica ad associare gli eventi di vita ai significati personali e quindi alle conseguenti emozioni associate.

O ancora, spesso vi è una difficoltà nell’identificare le emozioni provate, come nel riconoscere le attivazioni fisiologiche tipiche di ciascun vissuto emotivo.

Un lavoro terapeutico è importante innanzitutto per questo.

Dare senso a ciò che viviamo è il primo passo verso il benessere.

 

A questo proposito, voglio lasciarti altri spunti per iniziare in autonomia ad identificare emozioni, sensazioni fisiche e valutazioni degli eventi.

Per farlo ti invito a leggere l’articolo:  “Emozioni: non sono solo ciò che proviamo. Cosa ci accade di fronte agli eventi di vita quotidiana

E a dedicare un po’ di tempo all’esercizio che troverai in fondo alla pagina.

 

Buona riflessione!

 

Per parlarne insieme, CONTATTAMI!