I sintomi fisici dell’Ansia
Come il corpo reagisce al pericolo
Cos’è l’ANSIA
Partiamo da qui:
L’ansia si può collegare all’emozione di base della paura.
Ma se la paura è una reazione ad un pericolo reale ed immediato, come un’aggressione, e scompare una volta cessata la minaccia, l’ansia è una reazione emotiva di preparazione ad una cosiddetta minaccia futura percepita, ossia un evento negativo, reale o immaginario, che temiamo possa accaderci nel futuro. Dunque, la paura richiede un oggetto o un fine tangibile da temere, mentre l’ansia non necessita di questo aspetto di concretezza per essere presente.
L’ansia si può definire come la motivazione che spinge a comportarsi in modo da sfuggire ad una minaccia percepita: è lo stato emotivo che ci prepara ad affrontare un potenziale pericolo, predisponendo un comportamento di difesa.
Dunque, quando si percepisce una minaccia si attiva il nostro sistema di sorveglianza che monitora l’ambiente circostante per poter prendere delle precauzioni in caso di comparsa di eventi imprevisti e minacciosi.
Grazie ad un collegamento neuronale che dalla nostra corteccia si collega alla centralina di allarme, la nostra amigdala, partono i segnali di pericolo che scatenano l’ansia e dunque le reazioni di difesa.
Le reazioni di difesa al pericolo sono principalmente tre:
Una volta intercettato il pericolo, che come abbiamo detto, non necessariamente è esterno e immediatamente riconducibile ad uno stimolo, bensì ci può essere un’idea di essere in pericolo, si attiva la struttura cerebrale deputata all’allarme, la quale a sua volta, invia segnali di attivazione a:
La paura è una naturale reazione del nostro organismo in condizioni di pericolo che ci permette di attuare risposte volte a garantire la nostra sopravvivenza: l’attacco o la fuga.
In caso di pericolo che l’individuo ritiene fronteggiabile, non eccessivamente spaventante, il primo circuito del sistema nervoso che si attiva è il sistema dell’impegno sociale il quale ricorre a forme di negoziazione che coinvolgono ad esempio le espressioni facciali, il linguaggio, il tono di voce, la gestualità, tutte quelle modalità sociali e di relazione per fronteggiare il pericolo percepito.
Nel caso si avvertisse una forte minaccia, si mobiliterà, come visto sopra, il sistema nervoso simpatico che predisporrà il corpo a risposte di attacco o fuga.
Mentre, nel caso in cui le risposte di attacco o fuga non funzionassero, non fossero attuabili o si percepisse una minaccia non fronteggiabile il sistema nervoso parasimpatico ricorrerebbe alla sua risposta più antica e primitiva: l’immobilizzazione.
Il sistema nervoso simpatico, dunque, mobilita le difese contro il pericolo percepito attraverso la risposta di attacco o fuga, mentre il sistema parasimpatico è tipicamente visto come un sistema che aiuta ad abbassare le difese e ritrovare uno stato di calma. Il ramo parasimpatico ha due divisioni proprie, una con il potenziale per creare coinvolgimento e connessione sociale e l’altra che attiva il rilassamento e la disconnessione.
Dunque, di fronte alla percezione di un pericolo imminente non fronteggiabile il cervello produce endorfine in grado di ridurre l’agitazione e dare origine al cosiddetto effetto “freezing” tramite il quale vi sarà un vero e proprio congelamento di tutto il sistema: il cuore rallenta, è presente una diminuzione del battito cardiaco, il respiro diventa superficiale, vi è una sensazione di incapacità attentiva e sensazione di stordimento (a differenza dell’aumento della vigilanza presente nelle reazioni di attacco e fuga), la voce è bassa e flebile, il sistema energetico è sottotono, il respiro è lento e leggero, vi è un senso di impotenza, disperazione e di mancanza di energia.
Solitamente siamo abituati a pensare all’ansia e alla sintomatologia ad esso associata come ad uno stato spiacevole di cui vogliamo liberarci. Tuttavia, tutti i sintomi fin qui descritti sono intesi come reazioni di difesa ad un pericolo. Spesso tendiamo ad associare le sensazioni corporee solo ed esclusivamente a manifestazioni di malattie fisiche dimenticandoci dell’aspetto somatico dell’emotività, corpo e mente sono in stretta relazione, non possiamo provare un’emozione senza viverne la sua connotazione somatica.
Senza sentire tutte le reazioni, tutte le sensazioni corporee che abbiamo fin qui visto, potremmo, dunque, non accorgerci di vivere una situazione di potenziale pericolo e non prestare attenzione a ciò che ci accade.
Per questo, quando avvertiamo i movimenti del nostro corpo proviamo a prestare attenzione a ciò che stiamo vivendo.
Proviamo a chiederci a cosa di così spaventoso sta reagendo il nostro corpo
E se attorno a noi non riscontriamo nessun pericolo imminente proviamo a chiederci quale significato ha per noi l’esperienza che stiamo vivendo, proviamo a far caso se il pericolo percepito non arrivi dai nostri pensieri, dal nostro modo di parlarci, dal dialogo interno, dal modo in cui interpretiamo e valutiamo la realtà che ci circonda, da uno stimolo interno a noi piuttosto che da un reale pericolo esterno.
È importante capire le funzioni dell’ansia e il fatto che la nostra mente ci sta proteggendo.
Spesso si fa fatica ad associare gli eventi di vita ai significati personali e quindi alle conseguenti emozioni associate.
O ancora, spesso vi è una difficoltà nell’identificare le emozioni provate, come nel riconoscere le attivazioni fisiologiche tipiche di ciascun vissuto emotivo.
Un lavoro terapeutico è importante innanzitutto per questo.
Dare senso a ciò che viviamo è il primo passo verso il benessere.
A questo proposito, voglio lasciarti altri spunti di riflessione
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