Etimologicamente la parola “assistere” implica il “fermarsi accanto”, tecnicamente è essere presente ad un atto senza prendervi parte.
Saper assistere implica la competenza di sapere quando è necessario fermarsi, stare, e quando è necessario intervenire.
Saper assistere implica il coraggio umile e fiducioso di non fare nulla per l’altro, di lasciar fare; saper assistere implica la pazienza eroica di aspettare con sguardo vigile e attento, con mano carezzevole e disponibile.
Nel cammino della terapia, il terapeuta non è un semplice osservatore né un’autorità che dirige il paziente verso una meta prestabilita.
Il terapeuta assume il ruolo di un assistente nell’esplorazione interiore, un compagno di viaggio che si ferma accanto al paziente, sostenendolo senza invadere il suo spazio. Questo approccio è caratterizzato da una presenza attenta e rispettosa, dove il terapeuta offre supporto attraverso domande mirate, capaci di ampliare la visuale del paziente, piuttosto che fornire risposte o soluzioni.
Il terapeuta si pone accanto al paziente, non per guidarlo con fermezza, ma per offrirgli uno spazio sicuro in cui esplorare il proprio mondo interiore. Questo significa che il terapeuta non prende parte attivamente alla decisione o al giudizio dei contenuti emersi durante le sedute, ma piuttosto si ferma accanto al paziente, rispettando i suoi tempi e il suo processo di elaborazione.
Essere un assistente in questo contesto implica essere un testimone attento del viaggio interiore del paziente, pronto a intervenire solo quando necessario, e sempre in modo che favorisca l’autonomia del paziente. Il terapeuta non deve risolvere i problemi per conto del paziente, ma deve creare le condizioni affinché il paziente possa esplorare e, infine, trovare le proprie risposte.
Il Terapeuta come Partner nell’Esplorazione Interiore
Il ruolo del terapeuta può essere paragonato a quello di un partner in un viaggio di esplorazione attraverso un territorio sconosciuto. In questo viaggio, il terapeuta non fornisce una mappa predefinita, ma accompagna il paziente nel tracciare insieme il percorso. Questa esplorazione è un processo co-costruito, dove il terapeuta offre strumenti e suggerimenti, ma è il paziente che decide la direzione e il ritmo del cammino.
La fiducia reciproca è la base di questa partnership. Il paziente deve poter contare sul fatto che il terapeuta sarà lì, non per giudicare o controllare, ma per offrire supporto e prospettive nuove quando necessario. Allo stesso modo, il terapeuta deve avere fiducia nelle capacità del paziente di affrontare e navigare attraverso le complessità del proprio mondo interiore.
L’Arte del Porre Domande
Una delle principali modalità attraverso cui il terapeuta assiste il paziente è l’arte del porre domande. Le domande non sono finalizzate a ottenere risposte immediate, ma a stimolare la riflessione e a far emergere nuove prospettive. Il terapeuta, con queste domande, invita il paziente a guardare dentro di sé, esplorando sentimenti, pensieri e desideri che potrebbero essere stati trascurati o soppressi.
Ad esempio, domande come “Cosa significa per te questa situazione?” o “Quali emozioni emergono quando pensi a questo?” non forniscono risposte, ma aprono spazi di riflessione. Questo tipo di interrogativi permette al paziente di esplorare il proprio mondo interiore con maggiore profondità e di scoprire le proprie risorse.
La Responsabilità del Viaggio
Nel processo terapeutico, la responsabilità ultima delle scoperte e delle decisioni ricade sul paziente. Il terapeuta può assistere, porre domande e offrire sostegno, ma non può prendere decisioni al posto del paziente. Questo trasferimento di responsabilità è fondamentale per la crescita personale del paziente, poiché gli consente di riconoscere e valorizzare la propria capacità di operare scelte consapevoli e significative.
Assumersi la responsabilità delle proprie scelte è un atto di empowerment, che rafforza l’autonomia del paziente. Il terapeuta, in questo contesto, funge da specchio riflettente, che aiuta il paziente a vedere più chiaramente la propria realtà e a fare scelte che rispecchiano i propri valori e desideri profondi.
Al termine di questo spunto di riflessione, ti lascio qui alcune domande che possono guidare il tuo percorso terapeutico:
- Dove voglio andare con la terapia?
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- Qual è l’obiettivo principale che mi ha portato a intraprendere questo percorso? Cosa spero di ottenere dalla terapia? Cosa sto cercando attraverso la terapia?
- Cosa sono disposto a fare per ottenerlo?
- Quali azioni, cambiamenti o sacrifici sono pronto ad affrontare per raggiungere i miei obiettivi terapeutici?
- Quali paure o resistenze sento rispetto a questo percorso?
- C’è qualcosa che mi frena? Paure, dubbi, o resistenze che sento mentre mi avvicino alle mie mete terapeutiche?
- Come posso misurare il progresso nel mio percorso terapeutico?
- Quali segnali o cambiamenti mi indicano che sto andando nella direzione giusta? Come posso riconoscere e celebrare i piccoli e grandi traguardi lungo il cammino?
Queste domande, sia per il paziente che per il terapeuta, possono fungere da bussola nel viaggio terapeutico, aiutando a mantenere il focus e a garantire che il percorso intrapreso sia allineato con i desideri e le necessità profonde del paziente.
In sintesi:
Il terapeuta che assiste nell’esplorazione interiore non è un direttore d’orchestra, ma un partner fidato che si ferma accanto al paziente, rispettando il suo ritmo e le sue scelte. Attraverso una presenza attenta e domande mirate, il terapeuta aiuta il paziente a navigare nel proprio mondo interno, a esplorare territori sconosciuti e a scoprire le risposte che già risiedono dentro di sé. In questo modo, il processo terapeutico diventa un viaggio di crescita e scoperta, in cui il paziente, con l’assistenza del terapeuta, prende possesso del proprio percorso e delle proprie scelte, divenendo sempre più autonomo e consapevole.